7 Dicembre 2021

Brododigò: metti una trattoria di pesce in centro a Ferrara

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Quando entriamo nei locali di via Saraceno qualche giorno prima dell’inaugurazione il Brododigò non è ancora completo: stanno arrivando gli arredi, le ragazze di Spazio Aperto (un’originale bottega artigiana di via Carlo Mayr) stanno decorando pareti e bagni, lo staff è impegnato a definire gli ultimi dettagli mentre un gruppo di operai è ancora al lavoro in cucina. Seguire l’avvio di una nuova attività ristorativa dev’essere stressante ma anche molto affascinante: ne sa qualcosa Matteo Musacci, che dopo l’esperienza di Apelle, sempre insieme ai soci Claudio Bellinello e la chef Martina Mosco apre oggi al pubblico una trattoria di pesce dal nome insolito.

Prima di parlare della nuova creatura, chiedo a Matteo come sta andando Apelle, visto che tra poco dovrà dividersi gli affetti dei genitori con un fratellino marinaresco. “Sta andando bene, ormai il locale è più che avviato! Ad aprile saranno sette anni, anche se dobbiamo toglierne uno di pandemia, dove salvo qualche sporadico asporto non abbiamo mai lavorato. I nostri piatti erano un po’ difficili da proporre con quella formula… – spiega Matteo – Ora io in particolare sarò qui ogni giorno insieme a Martina, mentre Claudio rimarrà come figura di riferimento per entrambi i locali. Apelle ha ormai uno staff affiatato e i ragazzi sono molto bravi ed autonomi.”

FOTO DI GIACOMO BRINI

Pandemia è un termine che ricorre in qualunque nostra discussione da un paio di anni a questa parte. È stata la sciagura o il motore che ha mosso nel bene e nel male le nostre decisioni: qualcuno si è seduto disperato in attesa di tempi migliori, qualcuno ha ripensato la propria vita e si è messo in gioco, qualcuno ha chiuso qualcosa e aperto qualcos’altro. Brododigò è il risultato della pandemia dei soci di Apelle: dall’estate 2020 hanno girato parecchi locali in cerca della location migliore, sempre a Ferrara ma inizialmente con l’idea di aprire in campagna, con spazi e dimensioni diverse. Dove aprono oggi non c’era niente da molto tempo, un locale sfitto a due passi dal centro, che era un bar negli anni Novanta.

“Ferrara è un’isola felice – mi dice Matteo – non ci accorgiamo di come si viva bene qui ma se fai un giro a Roma o Milano capisci che quella frenesia in fondo non può essere invidiabile. E poi la bolla gastronomica milanese prima o poi scoppierà: c’è troppa offerta per la domanda esistente.”

FOTO DI GIACOMO BRINI

Intanto a Ferrara ad aprire sono soprattutto franchising: tutti uguali, tutti facilmente dimenticabili dopo mezz’ora. Quando scorri l’elenco dei posti dove ordinare cibo da asporto i nomi si assomigliano tutti, ne nascono di continuo di nuovi e fanno qualcosa tipo hamburger, poke bowl, sushi, pizzette. Così l’offerta nel campo della ristorazione sembra moltiplicarsi ma a discapito ovviamente della qualità. Un giorno chiami per ordinare e scopri che nel mentre ha chiuso, ma aveva aperto l’altroieri.

“E stiamo saturando la città – mi fa eco Matteo – specialmente dopo la liberalizzazione di Bersani sembra che il nostro sia un mestiere che può fare chiunque. In fondo è facile: tutti sanno fare il caffè, ti danno il locale pronto, gli arredi… se va male ci rimetti diecimila euro al massimo, non duecentomila. Infatti se guardi chi fa davvero questo mestiere ci conti sulle dita della mano, anche per via di un accesso al credito non facile.”

FOTO DI GIACOMO BRINI

C’è spazio per tutti o la concorrenza di queste piccole realtà si fa sentire?
No, la clientela è completamente diversa per fortuna, ma molti non hanno capito che non è più l’Italia di vent’anni fa. Il cliente oggi si informa, è preparato e non lo freghi più.

In cosa si differenzia quindi questo nuovo locale rispetto ai ristoranti di pesce già presenti in città?
Apelle aveva creato una nicchia di pubblico medio alto con una capacità di spesa importante: è stato il primo locale di questo tipo, e tanti ci sono venuti dietro. Sapere che oggi ci sono posti come Laudano e misture o i ragazzi del Maracaibo e del Messi che fanno ottimi cocktail ci dà una grande soddisfazione. Anche in questo caso con Brododigò riempiamo una nicchia di mercato nuova: ci sono già ottimi ristoranti di pesce che utilizzano le materie prime per creare qualcosa di insolito e non tradizionale. Ma per mangiare uno spaghetto alle vongole o l’anguilla alla brace devi andare fino al mare. Ecco cosa mancava in città: una trattoria di pesce, niente di più, niente di meno.

Attenzione al concetto di trattoria: il prezzo non è una variabile, la qualità è molto alta e su questo non si transige. “Potrei metterti a menù uno spaghetto con la vongola verace – spiega Matteo – il prezzo al mercato è 13 euro più iva. Il lupino ne costa invece 4. Se uso quelli sono un ladro e ti sto fregando sperando tu sia poco esperto e non colga la differenza. Invece il nostro spaghetto (privo di gusci) vale il prezzo a cui viene proposto, il pesce viene dai mercati di Goro o di Chioggia, un nostro fornitore si occupa personalmente di comprare e recapitarci i prodotti migliori per i nostri piatti.”

Niente menù fisso a dieci euro quindi.
Niente menu fisso, noi vogliamo fare buoni piatti della tradizione, di qualità e con il menù il più classico possibile: lumachine in umido, seppie e piselli, i marinati, schie con la polenta, pane sgombro e pomodoro, zuppa di pesce, spaghetti con le vongole, bigoli con le sarde, tagliolini al nero di seppia, risotto al brodo di gò, misto alla brace, anguilla alla brace, calamari ripieni, fritto di paranza e senza spine. A volte ostriche, ricci, canocchie in base a quello che c’è sul mercato.

A questo punto se non vi è ancora venuta troppa fame vorrete sapere come me che diavolo è questo brododigò che ha dato il nome al locale. Lo chiediamo a Matteo che ormai ci ha fatto amicizia e passerà con lui ogni giorno nei prossimi anni.

Cosa diavolo è il brodo di gò?
Il ghiozzo, o gò, è un pesce di laguna, vive tra la laguna di Venezia e la sacca di Scardovari. Non può essere mangiato in nessun modo è stopposissimo e pieno di spine ed è pure parecchio brutto. Anticamente veniva usato come merce di scambio, come pagamento tra i pescatori al posto dei soldi. Però dalla cottura esce un brodo molto gelatinoso, che lega parecchio, e quindi nel territorio lagunare è diffuso il risotto con il brodo di gò. Il brodo tira il risotto senza usare il burro, ma non sarà presente a listino nei nostri menù. Lo cucineremo ogni giorno a prescindere dai commensali presenti, poi ad un certo punto suoneremo la campana, faremo uscire il risotto e chiunque potrà prenderne un assaggio. Che tu sia all’antipasto o a fine pasto, se esce il risotto al brodo di gò puoi assaggiarne un po’ ad un prezzo popolare.

Sperando che i commensali non siano già alla zuppa inglese, non so se l’abbinamento funzioni…
A proposito, un’altra cosa che riprendiamo dalle trattorie di una volta è il carrello dei dolci, come si fa ancora ormai solo alla Ca’ vecia di Fossanova. I dolci li scegli al tavolo e sono serviti dai camerieri. E poi lasciami dire che la selezione di vini e liquori solo tutti rigorosamente dell’Emilia-Romagna, naturali, selezionati e provati e approvati da noi.

FOTO DI GIACOMO BRINI

Anche la musica sembra ricordare le vecchie trattorie di una volta: mentre parliamo l’Equipe 84 canta Tutta mia la città, che sembra fare il verso al discorso di prima sugli imprenditori locali nel campo della ristorazione. “La playlist è scelta apposta in funzione di un pubblico di famiglie, non per forza giovane – ammette Matteo – però in bagno è completamente diversa e potrete trovare Cristina D’Avena!”. Nei bagni il mood da trattoria in effetti cambia un po’, si riempie di colore e dettagli dorati, anche se rimangono le piastrelline alle pareti che rimandano al mondo delle pescherie.

Ferrara sarà pronta a questa nuova avventura di pesce senza farsi un’ora di macchina per andare verso i lidi? “Noi siamo sicuri della nostra idea e al massimo sbagliamo assumendoci il rischio – sorride Matteo -. Quando abbiamo deciso di non fare gli spritz all’Apelle qualcuno ha storto il naso ma abbiamo inseguito la nostra idea di cocktail ed aperitivo. Questa trattoria è per un pubblico che apprezza quel tipo di atmosfera genuina, l’ambiente che si può creare, e il nostro modo di far stare bene le persone.”

FOTO DI GIACOMO BRINI

MORE INFO
Brododigò è in via Saraceno 19, a Ferrara.
Aperto a pranzo da venerdì a domenica, a cena da mercoledì a sabato.
Si può prenotare dal sito brododigo.it