27 Ottobre 2021

Alla scoperta di San Carlo, gioiello unico del barocco ferrarese

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Ancora pochi mesi e il cantiere della Chiesa di San Carlo sarà terminato, restituendo al culto l’edificio barocco di corso Giovecca. Dopo la mancata riapertura in occasione del festival di fotografia Riaperture, siamo stati in visita al cantiere di San Carlo durante l’apertura straordinaria di metà ottobre per le Giornate FAI d’autunno. Un modo per ammirare il luogo di culto ormai chiuso al pubblico da quasi dieci anni.

Situata al termine di Corso della Giovecca, di fronte alla Rotonda Foschini e al Teatro Comunale di Ferrara, la Chiesa di San Carlo Borromeo è l’unica chiesa completamente barocca della città. Nel 1570 l’architetto Alberto Schiatti realizzò qui una prima cappella per la sepoltura dei condannati a morte, dedicata ai Santi Filippo e Giacomo. Nel 1612 venne sostituita con l’attuale chiesa, realizzata da Giovan Battista Aleotti grazie alle offerte di benefattori tra cui il cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia. I lavori si conclusero nel 1623.

Foto di Eugenio Ciccone

Il fianco della chiesa prospetta il sagrato dell’antica Chiesa di Sant’Anna, trecentesca. Nel 1800 venne soppressa e parte dell’Ospedale adibito ad uso civile, così San Carlo venne dedicato anche a Sant’Anna, la cui statua passò da un edificio all’altro, dove tuttora si trova sul lato rivolto verso l’omonima piazza. Durante il pontificato di Pio IX nel 1857 San Carlo subì un primo restauro e nel 1875 vennero aggiunti i gradini di ingresso per raggiungere il livello strada che nel frattempo era stato abbassato.

La facciata è un unicum tra le opere di Aleotti, tra cui si ricordano Porta Paola a Ferrara o il Santuario della Celletta ad Argenta che ne ospita le spoglie. È una facciata in stile barocco con timpano classico e quattro colonne che suddividono la facciata in tre parti con nicchie e statue di santi. Fino al sisma del 2012 in cima erano presenti statue della Vergine Maria con quattro putti. Recuperate dai Vigili del fuoco perché in parte crollate durante le scosse, a lavori ultimati verranno nuovamente poste in cima, seppure fortemente degradate dagli agenti atmosferici che hanno corroso la pietra di Vicenza.

Foto di Eugenio Ciccone

La pianta dell’edificio è ellittica, presenta ai lati quattro nicchie con statue di San Gregorio Magno, San Girolamo, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino. Un altare è dedicato a Sant’Anna ed è dominato dalla relativa statua, un altro a san Carlo con una statua di San Sebastiano. Tutte le statue all’interno sono in legno dipinto, le nicchie intervallate da colonne binate in mattoni, ricoperte poi in gesso e dipinte con effetto marmo. Le figure dipinte nella volta sono realizzate a olio su intonaco da Giuseppe Avanzi, mentre le parti architettoniche a tempera da Giuseppe Menegatti. Al centro domina la scena la mandorla ritraente la Vergine in gloria, Sant’Agostino e San Carlo Borromeo. Le figure rappresentate sopra le colonne pare rappresentino le virtù teologali ma l’abbinamento resta ancora oggi incerto.


San Carlo ha subito in totale tre restauri: il primo negli anni Duemila sulla facciata, fortemente opacizzata dall’inquinamento. Un restauro guidato dalla Sovrintendenza diretta da Carla Di Francesco e l’architetto Andrea Alberti. Una prima indagine venne fatta sul colore della facciata, ripristinato come in origine con l’attuale arancione e le statue bianche. Sempre durante quel restauro vennero rimosse incrostazioni ed eseguiti laser scanner in collaborazione con l’Università di Ferrara per avere informazioni volumetriche della facciata.
Un secondo restauro è iniziato nel 2008 ma gli interventi sono diventati esecutivi nel 2012 dopo il sisma e quindi in parte rivisti secondo necessità. I fondi vennero stanziati dall’USL e diventarono di fatto una messa in sicurezza. Vennero consolidati il tetto e il campanile e posta una cerchiatura in metallo che corre intorno al corpo ellittico della chiesa.


Nel 2020 con i fondi post-sisma della regione Emilia-Romagna si è potuto finalmente restaurare e consolidare anche la mandorla, lavorando di estradosso, tra il tetto e la struttura di sostegno, realizzando una cappa di calce idraulica e delle fasce di fibra di vetro. All’interno sono stati invece consolidati gli affreschi, visto che nel restauro precedente alcuni prodotti utilizzati per ravvivare il colore avevano creato invece un effetto opacizzante. Il catino absidale è al momento ancora in restauro: ha visto un consolidamento della struttura lignea nella calotta e un restauro conservativo per accertare la presenza di figure. Dall’indagine sono emersi dei putti, disegni dalla stessa mano che ha ritratto quelli nel corpo principale dell’edificio. La fine del cantiere è prevista per inizio 2022 e in seguito l’edificio, ancora di proprietà dell’USL, sarà restituito alla città, ma le date di apertura restano ancora incerte.